“Oggi è una grande giornata, Genova e la Liguria hanno vinto”. Le parole di Edoardo Rixi e l’esultanza di Danilo Toninelli nascondono una triste verità: ci sono voluti 93 giorni per avere un provvedimento normativo che stanzia risorse per la prima emergenza.
E mentre si avvicendano annunci e controannunci sull’imminenza dell’avvio dei lavori, la realtà è impietosa.
Nessun progetto è stato approvato per la demolizione dei monconi. Non è nemmeno deciso se quello che resta del ponte verrà smontato o fatto implodere.
Nessun progetto è stato approvato per la ricostruzione. Non si sa chi ricostruirà, né quando, né come. Sappiamo solo che non ricostruirà Autostrade. Ma fuori della propaganda giallo-verde, a chi vive il dramma genovese dal 14 agosto la notizia non suscita grande sollievo.
Nessuno sta lavorando sull’impatto che avranno i cantieri della demolizione e della ricostruzione sulla vita quotidiana di chi vive o lavora in Valpolcevera.
La Camera di Commercio ha stimato danni per 422 milioni, e il decreto ne stanzia circa 80. La cassa integrazione in deroga rischia di esaurirsi ad aprile 2019. La Zona franca, praticamente, non esiste più. E non esiste alcun indennizzo per gli abitanti della Zona arancione, nonostante le promesse vane di Bucci.
E briciole sono anche quelle che il Governo pensa di dare al porto di Genova, il principale scalo italiano: appena 17 milioni di euro.
Perfino gli sfollati, se in Via Porro non sono proprietari ma solo inquilini, dal decreto non ricevono un euro.
Nell’esultanza di maniera, nell’ottimismo a tutti i costi, Genova rischia di scivolare nell’oblio, mentre il Porto decresce, negozi e aziende arrancano e migliaia di genovesi sono costretti a passare ore in coda.
Sono passati 93 giorni, e mentre Rixi dice che abbiamo vinto, mentre Bucci promette di ricostruire in 8 mesi (da aprile a dicembre), sotto il ponte non c’è più nessuno. Non un operaio, non un cameraman con i riflettori, neppure più i curiosi a farsi i selfie.
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