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SI GOVERNA PER CAMBIARE IL MONDO,
NON PERCHÉ SI HA PAURA DEL VOTO

Di fronte a scelte difficili si fanno discussioni difficili.
Non ci salveranno i tweet o le interviste in solitaria.
Siamo già riusciti nell'impresa di monopolizzare l'attenzione sul PD, come se la notizia non fosse l'arroganza istituzionale di Salvini o i 5 Stelle che si sono fatti fregare praticamente su tutto e oggi non sanno più che pesci prendere.

Non sarà una discussione semplice, anche perché c'è un po' di verità nelle posizioni di ciascuno.

Non mi convince l'ipotesi di un governo istituzionale che duri sei mesi. Ha davvero poco senso un governo che ha come unici obiettivi quelli di mettere in sesto i conti e di cambiare la legge elettorale.
Primo, perché si governa per cambiare il mondo, non perché si ha paura del voto.
Secondo, perché non si capisce perché tocchi sempre alla sinistra il compito di raddrizzare i conti dopo mesi di campagna elettorale permanente e provvedimenti irresponsabili.
Terzo, perché le elezioni si vincono facendo politica e non cambiando a piacimento la legge elettorale, che peraltro porta il nome di un nostro deputato.

Penso invece che l'unica vera alternativa al voto sia un governo politico che abbia alcuni obiettivi chiari, oltre a raddrizzare i conti.
Me ne vengono in mente alcuni:
- Una riforma fiscale progressiva che riporti equità e abolisca le varie flat tax.
- Ampliamento e revisione degli ammortizzatori sociali per dare protezione ai tanti lavoratori dipendenti e autonomi fuori da ogni garanzia.
- Una rivoluzione verde supportata da risorse e incentivi alle imprese che puntino sulla sostenibilità ambientale.
- Un serio programma di investimenti in innovazione e ricerca per non fare fuggire i migliori giovani.
- Abolizione dei decreti sicurezza e rilancio della cooperazione internazionale.
Lo si faccia pubblicamente e in modo trasparente.

Per fare tutto questo, bisogna sedersi a un tavolo con il Movimento 5 Stelle e verificare se quello che li muove è solo la paura del voto o invece la disponibilità a invertire la rotta rispetto a questi 14 mesi di governo.
La loro serietà dovrà essere misurata anche in termini di cambio del gruppo dirigente: a guidare una fase nuova non potranno essere quelli che fino a ieri hanno fatto i camerieri di Salvini.

Non c'è spazio per questa ipotesi?
Si vada al voto, e il PD costruisca una coalizione civica sulla base delle proposte che voleva porre a fondamento di un governo.

Certo, la strada è assai stretta.
In politica il tempo è un fattore essenziale.
E questo percorso il PD avrebbe dovuto compierlo ad aprile 2018 per evitare la funesta saldatura tra Lega e M5S.

Se oggi siamo qui è anche perché allora le fughe in solitaria si sostituirono alla discussione. I pop corn e gli hashtag #senzadime all'ascolto e al ragionamento.

Non ripetere quell'errore è il primo passo per uscire da questa crisi.

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