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UN REGALO ALLE DESTRE

In questi giorni alcuni parlamentari, alcuni amici e compagni hanno deciso di lasciare il PD, pensando che la soluzione ai complessi problemi della nostra società passi per la costruzione di un nuovo soggetto politico.

Sono convinto che sbaglino: la frammentazione della proposta politica non ha mai portato chiarezza, ma piuttosto un radicalismo di sopravvivenza, costellato da eterni distinguo dettati solo dall’esigenza di giustificare il nuovo partito.
Se non bastasse, la storia della sinistra insegna che le nostre divisioni rafforzano le destre. Sempre.

Ho letto che una delle ragioni della scissione risiederebbe nell’insufficiente tasso di riformismo del partito.
E’ una frase che non vuol dire nulla.
Non ricordo negli ultimi tempi battaglie di riforma bloccate da un gruppo dirigente conservatore.
E aggiungo che per fare le riforme, oltre che annunciarle, serve un consenso ampio e radicato più che un nuovo partito.

Ho letto della necessità di porre obiettivi più sfidanti al Governo Conte.
Ma si può pensare di farlo dopo aver chiuso da pochi giorni un accordo di governo?
E quali saranno le conseguenze sul governo di questo nuovo slancio?

Temo che le ragioni di fondo siano altre. Che hanno a che fare più con il potere che con la politica, e che si fondano su equilibri parlamentari figli di una compilazione delle liste del PD che nel 2018 premiò i fedeli più che i meritevoli.
Temo che abbia ragione Beppe Sala, quando parla dell’insofferenza a stare in una comunità che discute senza esserne i protagonisti.

E invece il PD deve essere orgoglioso della sua natura collettiva e del suo pluralismo, anche perché è rimasto l’unico a prendere decisioni dopo una discussione.

Resta l’amarezza per chi ha deciso di prendere un’altra strada. Rispetto la loro scelta e per parte mia continuerò a lavorare come sempre per l'unità dei progressisti.

Ma al PD non devono tremare le gambe.
Ai tanti militanti scossi da quest’ennesima divisione dico che non bisogna aver paura del futuro, e che abbiamo la forza, le capacità e l'entusiasmo per superare questo momento. Nessuna defezione, neppure la più illustre, fa venir meno le ragioni che 12 anni fa ci hanno portato a fondare il Partito Democratico.

Anzi, mi auguro che il PD trasformi in opportunità questo passaggio, sappia aprirsi e rinnovarsi, e archiviare una volta per tutte i personalismi di chi, pur avendo incarichi di rilievo nel partito, ci fa sapere di non aver deciso se rimanere o andar via, perché valuterà nei prossimi giorni cosa più gli conviene.

Apriamoci, rigeneriamoci, ripensiamoci, senza nessuna nostalgia per il passato. Ancora una volta, il futuro di questo Paese dipende da noi.

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