Genova vive una vera emergenza che si chiama lavoro.
La città non riesce ad uscire dalla crisi. Lo certificano le analisi e le rilevazioni compiute negli ultimi mesi, nonostante i continui appelli all’ottimismo che provengono da Comune e Regione ma che non bastano a invertire una tendenza che parla di declino.
Nel primo semestre 2019 gli occupati nelle aziende genovesi sono calati dello 0,9%, lo conferma l’analisi dell’Ufficio Studi di Confindustria Genova. E se il dato non è peggiore lo dobbiamo soprattutto all’impennata della cassa integrazione (+181% di quella straordinaria) che ha portato le ore complessive di cassa da 1,3 a 3,2 milioni.
Secondo i dati Istat, dal 2012 al 2017 la provincia di Genova ha perso oltre undicimila occupati nel comparto del commercio, alberghi e ristoranti. Nel 2018, in questo solo settore, Genova ha perso circa mille posti di lavoro.
I numeri dell’edilizia sono altrettanto drammatici. Negli ultimi 9 anni Genova ha perso tremila occupati, e la Liguria ottomila. E’ di pochi giorni fa la notizia del fallimento di Carena Costruzioni, la più grande e la più antica impresa edile della Liguria.
Le parti sociali lamentano l’indifferenza di Comune e Regione. I sindacati degli edili denunciano che, nonostante i protocolli sottoscritti nell’immediatezza del crollo del Morandi che ipotizzavano l'impiego di almeno cento operai genovesi e liguri nella costruzione del nuovo ponte, le maestranze genovesi che lavorano alla ricostruzione non superano le dieci unità.
Confindustria sottolinea che nessuna delle imprese della piccola industria genovese attive nell’impiantistica e nelle forniture, circa 800 in tutta la provincia di Genova, è impiegata nella ricostruzione.
L’auspicio dell’Associazione Costruttori è quello di un maggior impiego delle aziende genovesi per la realizzazione parco che riqualificherà la Valpolcevera. Per ora, però, i finanziamenti non bastano neppure a completare la progettazione.
Insomma per vedere ricadute occupazionali ci vorrà tempo. Ma Genova potrà attendere?
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