L’Italia non può rinunciare all’acciaio. E non deve sottovalutare le possibili conseguenze delle decisioni di Arcelor Mittal.
Abrogare lo scudo penale è stato un errore. La maggioranza di governo può rimediare rapidamente, reintroducendo la salvaguardia penale con il primo provvedimento utile in Parlamento, come ha chiesto il PD nel Consiglio dei Ministri di mercoledì scorso. Non ci siano scuse. Una diversità di vedute su una questione del genere giustifica una crisi di Governo.
La politica non giochi allo scaricabarile. La destra che oggi cavalca le proteste è la stessa che votò contro l’introduzione dello scudo nel 2015.
Sappiamo comunque che lo scudo non basterà. La trattativa di questi giorni ha fatto emergere che il vero problema è di natura industriale. Sotto la gestione commissariale lo stabilimento di Taranto produceva 4,5 milioni di tonnellate l’anno. Il piano di Arcelor prevedeva 6 tonnellate, ma chiuderà il 2019 a meno di 4.
La frenata dell’economia europea e il calo del mercato dell’acciaio hanno indotto Arcelor Mittal ha rivedere gli impegni sottoscritti all’atto dell’aggiudicazione dell’ex gruppo Ilva, e a porre sul tavolo il tema di migliaia di licenziamenti per ridurre i costi.
Una posizione inaccettabile, tanto più perché frutto di impegni assunti dall’impresa nell’ambito di una procedura pubblica.
Il Governo riprenda la trattativa con Arcelor Mittal, e se verificherà che non ci sono spazi, commissari l’azienda. La seconda manifattura d’Europa non può rinunciare alla filiera dell’acciaio.
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