Questa è una brutta storia. Una storia infame, fatta di disprezzo per le Istituzioni e di strumentalizzazione dei più deboli, raccontata oggi dall’edizione genovese di Repubblica.
Andiamo con ordine. La signora Terezina Shani è una donna di origini albanesi, cittadina italiana dal 1997. Ha sempre fatto la badante, e negli ultimi anni fa la badante “fissa” nel senso che alloggia a casa della persona che accudisce. Come capita spesso, quando l’anziano muore è costretta a lasciare la casa. Per questo per diversi periodi della sua vita, pur sistemandosi temporaneamente da qualche amica, otteneva la residenza “fittizia” presso un ufficio Comunale, in Via di Francia o Via di Mascherona, come i senza fissa dimora. Avere una residenza è indispensabile per ricevere corrispondenza, e per la regolarità della posizione INPS, o del servizio sanitario.
A settembre di quest’anno il Comune di Genova le comunica di aver cancellato la sua residenza rendendola giuridicamente irreperibile, come ha fatto per i clochard.
La signora Shani non sa che fare, scrive al Presidente della Repubblica e poi il 3 dicembre si presenta in Consiglio Comunale. Vuole un appuntamento con l’Assessore ai servizi sociali. Lì si imbatte nell’assessore Giorgio Viale, che dopo aver ascoltato la sua storia le consiglia per avere un aiuto di iscriversi alla Lega.
La signora italo-albanese lo fa, versa dieci euro e ottiene la tessera con scritto “prima gli italiani”, ma ovviamente della sua situazione non si occupa più nessuno. E allora Therezina Shani decide di denunciare la sua storia ancora al Presidente della Repubblica, e poi alla stampa.
Siamo arrivati a questo punto. Al cittadino che chiede aiuto all’Assessore del suo Comune si consiglia di prendere la tessera di partito.
In questa città che assomiglia più alla Chicago degli anni venti, o alla Napoli di Achille Lauro, la politica si è mangiata le Istituzioni, prendendosi ogni spazio, perdendo ogni imparzialità, perfino tesserando i disperati.
Genova merita di più. Chi ha speculato sulla disperazione dei più deboli chieda scusa e si dimetta.
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