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PIU' ISOLATI, MENO SOLI

Questa nostra sfida al coronavirus assomiglia più a una maratona che ai 100 metri.
Più che gli scatti o la ricerca di un’intuizione vincente servono costanza, resistenza e determinazione.

Non sarà breve il periodo in cui saremo costretti a mutare radicalmente le nostre abitudini e a vedere limitate le nostre amate libertà.

Quella di movimento, innanzitutto, ma non solo.

In questi giorni, che non hanno precedenti almeno per due-tre generazioni di italiani, ci stiamo rendendo conto che perfino il diritto di critica è in qualche modo (auto)limitato, perché quando l’emergenza si fa seria è più utile rispettare i comandi piuttosto che discutere se siano appropriati.

E’ un riflesso della responsabilità, che dopo qualche giorno di anarchia si sta effettivamente diffondendo, superando i distinguo di chi si domanda entro quanti chilometri si può fare la spesa o per quanti metri si può correre lontano da casa.

Usciremo diversi da questa crisi. Con molta probabilità indeboliti da una crisi economica che ha ormai una dimensione mondiale, ma forse rafforzati nel nostro essere cittadini, nel sentirci preoccupati custodi di valori non individuali.

Lo dimostrano le tante iniziative di solidarietà partite in questi giorni, e il senso di gratitudine e il supporto emotivo al personale sanitario che combatte in prima linea la battaglia per tutti noi.

E’ questo il paradosso del virus. Costretti a vivere separatamente ci sentiamo meno isolati, meno individui e più parte di una comunità.

Quando avremo vinto la battaglia, questa è un’eredità da non disperdere.

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