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LE PAROLE ATTUALI DEL PROF. ACQUARONE

Lorenzo Acquarone è stato un maestro del diritto amministrativo, un grande avvocato e un politico appassionato, parlamentare genovese per cinque legislature dal 1987 al 2006, e vicepresidente della Camera dei Deputati.

La passione politica lo ha accompagnato anche negli ultimi anni, aveva partecipato alla campagna referendaria del 2016, e anche recentemente non mancava di informarsi sulle vicende politiche locali.

Poco prima di Natale ero andato a trovarlo in studio, ne era uscita una conversazione a tutto campo, dalle prossime elezioni regionali, all’alleanza di governo, dalla crisi economica ligure alla preoccupazione per le idee sovraniste e antieuropeiste.

Uscivi da quegli incontri certamente arricchito, ma soprattutto segnato dal rispetto che si deve a chi ha incarnato le Istituzioni repubblicane con dignità, onore e con grande competenza.

Voglio ricordare il prof. riportando alcuni stralci del suo intervento alla Camera dei Deputati il 2 agosto 1995.
Si discuteva di riforma della Costituzione, e Silvio Berlusconi era intervenuto per sostenere con forza la necessità di una revisione in senso presidenziale.

“Oggi sembra che la riforma costituzionale verta su un'unica questione, «presidenzialismo sì, presidenzialismo no», senza approfondimento alcuno, solo con qualche generico riferimento ad esperienza straniere (quella nordamericana e quella francese soprattutto), ora esaltandole, ora demonizzandole, ma tacendo sul dibattito critico e culturale in corso negli stessi Stati a regime presidenziale. Il problema, così come di recente illustrato sempre con maggiore frequenza e — con riferimento al discorso di stamane dell'onorevole Berlusconi — quasi con virulenza è — mi sia permesso dirlo — malposto. Non è problema che si possa risolvere con un «sì» o con un «no»; esso richiede valutazioni serene ed approfondite che debbono prendere le mosse dalla corretta analisi di principi fondamentali che attengono alla fonte della sovranità, ai modi del suo esercizio, all'equilibrata ripartizione delle funzioni sovrane tra i poteri dello Stato, al corretto esercizio, in definitiva, delle attività di uno Stato che voglia essere moderno ma voglia anche rimanere democratico e costituzionale. […]

In certe recenti richieste di presidenzialismo (e, per non nasconderci, anche con riferimento alla richiesta formulata questa mattina in quest'aula) vedo con preoccupazione la sottesa richiesta di concentrazione del potere. Detto in termini volgari, ho l'impressione che le ricette nordamericane o francesi che ci vengono presentate presuppongano sempre che il piatto forte sia accompagnato da salse sudamericane. Ma, a rozzezza di proposizione, non vorrei rispondere con rozzezza di replica; il problema esiste e va guardato con serenità, tenendo presente non il contingente ma il futuro e, soprattutto, il bene della Repubblica. […]

Occorre allora, a mio avviso, partire da quello che parrebbe un luogo comune, se negli ultimi tempi non venisse posto sempre più in discussione: cioè che la democrazia moderna non può che essere rappresentativa, la delega popolare della sovranità deve essere articolata e periodica. No, dunque, a deleghe di tipo plebiscitario, sì, invece, all'elezione rinnovata periodicamente di corpi a carattere collegiale cui, nel rispetto di regole precise, assegnare supremazia rispetto agli altri organi costituzionali dello Stato. In tal senso intendo rivendicare in questa sede la funzione primaria e fondamentale del Parlamento come massimo organo in cui si esprime la libera volontà popolare. […]

Signor Presidente, onorevoli colleghi, nessun momento, per un legislatore, è più importante di quello in cui affronta un'attività costituente. Con essa affronta il destino del paese. Per sottolinearne la rilevanza, vorrei dire la sacralità, proprio in quest'aula un grande laico, Benedetto Croce, terminava il suo intervento in sede di discussione sulla bozza della Costituzione invocando, con le parole del rito, lo spirito creatore. Io non mi azzardo a tanto. Ma vorrei, dal profondo del cuore, che tutti, onorevoli colleghi, in questo momento non pensassimo agli interessi della nostra parte politica, ma a quelli supremi della nostra patria.”

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