Il coronavirus sta sconvolgendo anche la Liguria. Con oltre 280 vittime, la nostra regione è seconda per tasso di mortalità solo alla Lombardia. Secondo i dati della Protezione Civile in Liguria muoiono quasi 11 contagiati su 100.
Ma i numeri possono voler dire poco, soprattutto se consideriamo che è probabile che i contagiati effettivi siano molti di più e che non vengano censiti perché si fanno troppi pochi tamponi.
I numeri, soprattutto, non descrivono quello che sta succedendo e cioè che ogni giorno decine di persone anziane muoiono sole.
Negli ospedali, dove se il paziente non riesce più a usare il telefonino i parenti attendono la telefonata quotidiana per rimanere aggrappati alla speranza. Nelle case di riposo, dove il contagio si sta diffondendo divorando le persone più fragili.
Perfino in molte abitazioni, dove in caso di sospetto Covid si impone la quarantena e la diagnosi viene fatta al telefono. Si può morire senza aver visto un medico.
Il protocollo anti epidemia prevede giustamente separatezza tra contagiati e non, e in queste ore difficili non possiamo che ringraziare medici, infermieri e operatori sanitari che stanno dando il massimo mettendo a rischio la loro salute.
Ma c’è da ragionare, e profondamente, sulla scarsità di mezzi e di risorse che hanno a disposizione. Sull’organizzazione dei servizi sanitari sul territorio, presidi ASL, ambulatori, medici di famiglia. Su un’autonomia regionale che alla prova dell’emergenza sta dimostrando tutta la sua inadeguatezza.
E mentre sembriamo disarmati davanti ad un’epidemia che ci espropria perfino del lutto, il miglior modo per onorare quelle anime è impegnarci a fare sì che quello che vediamo oggi non possa più accadere. E promettere che, passata l’emergenza, non ci dimenticheremo che morire così è disumano.
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