Chiusi in casa, preoccupati per la salute dei nostri cari e per il futuro del Paese è difficile chiamarla Festa.
Ma un senso lo si può dare lo stesso a questo singolare 1 Maggio.
Intanto ringraziando chi a casa non può stare, chi lavora negli ospedali, nelle residenze protette, nei supermercati, nelle farmacie, sugli autobus, e in ogni altra attività essenziale. Chi rischia o chi ha perso la salute, per un virus micidiale, o perché non siamo riusciti a proteggerli come avremmo dovuto.
E poi interrogandoci su cosa sarà il lavoro nei prossimi mesi. Il lavoro che non c’è, il lavoro che si perde, il lavoro che non dà il salario sufficiente ad una vita dignitosa.
Il lavoro cosiddetto intelligente che costringe soprattutto le donne a sobbarcarsi in queste settimane una doppia fatica tra videoconferenze e figli a casa che fanno i compiti su skype. E l’idea di fare ripartire il Paese con le scuole chiuse si fonda in gran parte sulle loro spalle.
Ecco, alle donne vorrei dedicare questo 1 maggio in un Paese che le sottovaluta, che fatica a fargli assumere posizioni di vertice in quasi ogni settore.
Buon primo maggio a tutte le lavoratrici. Alla loro forza, alla loro competenza, alla loro instancabile energia di combattere per un Paese più giusto.
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