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LO SPONSOR E LA LIBERTA’

Con una spesa che per stessa ammissione del Presidente Toti sfiora i 60mila euro, Regione Liguria ha lanciato oggi una campagna pubblicitaria motivazionale “per ringraziare i Liguri di essere rimasti a casa”.

Un’operazione che non ha badato a spese, tanto che ha occupato tutti gli spazi pubblicitari dell’edizione odierna de Il Secolo XIX.
Tutti. Come non era mai successo nei 134 anni di attività del quotidiano.

Oltre allo stile che ricorda così da vicino i manifesti elettorali di Toti, colpisce lo spregio con cui in mezzo ad una pandemia si fa spreco di risorse pubbliche.

I Liguri avrebbero certamente preferito che quei denari fossero spesi per l’acquisto di mascherine e di tamponi, o per organizzare nuove squadre di assistenza domiciliare, o per erogare buoni spesa a chi non ce la fa, o premi salariali al personale sanitario che è stato in prima linea in queste settimane.

Della vicenda si occuperà la Corte dei Conti a seguito dell’esposto dei consiglieri del PD.
Ma il tema non è solo quello.

Esiste un problema di rapporti tra il potere pubblico e i mezzi di informazione, che in Liguria ha raggiunto la patologia.

E’ un problema che riguarda innanzitutto gli editori. Vedere Il Secolo XIX occupato da un unico committente pubblicitario risponderà anche ad un’esigenza di raccolta o a una forma impattante di comunicazione, ma non fa onore al ruolo che gli editori di quotidiani hanno avuto nella storia delle democrazie liberali.

Sarò romantico ma credo ancora che i giornali in occidente, a prescindere dal loro editore, siano innanzitutto di chi li scrive e di chi li legge.

Un quotidiano che si consegna allo sponsor unico non è una bella notizia, per il giornale, per l’informazione libera, per la democrazia.

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