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MUNICIPI, PIÙ ALBERTO SORDI CHE MARCHIONNE

Quella dei Municipi è innanzitutto un’occasione persa.

Perché sarebbe stato utile a quasi 20 anni dall’ultima sostanziale modifica avviare una riflessione sul nostro decentramento, analizzare cosa ha funzionato e cosa no, decidere quali servizi e quali funzioni è bene siano gestiti dal centro e quali dai territori, a partire dall’autorevolezza conquistata sul campo dai Municipi in questi anni.

E invece tutto si è ridotto ad una folle corsa contro il tempo. Perché l’unico obiettivo della Giunta Bucci è arrivare ad una modifica dello Statuto comunale prima del 25 marzo, quando in Consiglio di Stato si discuterà dell’illegittimità dell’accentramento dei poteri in danno ai Municipi, già riconosciuta dal Tar Liguria con la sentenza dello scorso maggio.

Di qui, l’estromissione del Consigliere delegato Stefano Costa che voleva condividere il testo della riforma con i municipi e le forze politiche, e subito dopo l’approvazione di un progetto di riforma da parte della Giunta il 30 dicembre scorso mai discusso con nessuno.

Neppure con le forze di maggioranza, che hanno espresso pubblicamente il proprio dissenso e hanno ottenuto una sostanziale virata già l’11 gennaio con un emendamento di Giunta che riscrive quasi tutta la riforma.

Il risultato è un testo raffazzonato, contraddittorio, che ad uso e consumo della discussione in Consiglio di Stato specifica che i Municipi non sono titolari di alcun servizio, e che tutto deve dipendere dal Direttore del Municipio. Rivelando con ciò una visione “da cacicco” della pubblica amministrazione, in cui il Sindaco non si confronta con gli altri eletti (consiglieri comunali o presidenti di municipio) ma preferisce avere a che fare solo con i dirigenti, a cui può dare ordini.

E per fare presto, pur trattandosi di una modifica dello Statuto, è stata imposta la procedura d’urgenza con tempi contingentati per l’espressione dei pareri da parte dei Municipi, e con il testo del maxi emendamento neppure approvato dalla giunta.

Pensare che per la modifica dello Statuto è prevista in prima lettura la maggioranza dei due terzi, come a voler trovare un’ampia condivisione trasversale.

E invece no. La corsa deve continuare, e non già in nome dell’efficienza manageriale tanto decantata dal Sindaco, ma piuttosto dello stratagemma all’italiana di chi cambia le carte in tavola prima della sentenza.

C’è più Alberto Sordi che Marchionne in questa storia triste di gennaio.

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