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IL MIO INTERVENTO ALLA CONFERENZA PROGRAMMATICA DEL PD

Sabato scorso si è tenuta ai Magazzini del Cotone, la Conferenza Programmatica del PD di Genova.
E' stata una giornata di confronto con le forze economiche e sociali della città. Un punto di partenza nel percorso verso le elezioni amministrative del 2022.
Di seguito il mio intervento integrale.

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La Genova di oggi è una città più povera, più piccola, più impaurita e più isolata di quella di quattro anni e mezzo fa.
E’ questa la realtà che si nasconde sotto la grande narrazione del centrodestra.

Genova è passata da un periodo di lento declino, al declino in mezzo ai fuochi d’artificio.
Ma il declino tra i lumini e le continue cerimonie di inaugurazione non è meno dannoso del declino senza lumini.

La responsabilità di questo scivolamento di Genova fuori della locomotiva del nordovest non è certamente solo di questa amministrazione comunale.
Ma la Giunta Bucci e in particolare il Sindaco hanno una evidente responsabilità nel fare finta di nulla, nel negare il problema e quindi nell’aggravarlo.

Nascondere il termometro non è mai stato un buon modo di combattere la febbre.
Bucci ha cominciato sospendendo la pubblicazione dei dati. L’annuario statistico pubblicato ininterrottamente dal 1932, è stato sospeso nel 2018. Là dove non era riuscita la seconda guerra mondiale è riuscito Bucci.

Eppure un manager non dovrebbe avere paura dei numeri. A meno che non si comporti come un imbonitore, nell’ansia continua di venderci un prodotto che è solo immaginario.
E sta proprio qui il punto, la Genova meravigliosa del centrodestra non esiste.

La Genova che inverte la tendenza demografica, che attrae imprese e lavoro, che offre opportunità ai giovani, che ritrova una missione in un contesto più ampio di Nord ovest e di Europa non esiste.

Esistono i racconti di quella Genova, amplificati da stuoli di consulenti e comunicatori ben pagati con denaro pubblico. Ma quella Genova non c’è. Dietro alla cartapesta della Genova di Bucci c’è una città che soffre.

Il Partito Democratico e le forze che insieme a noi sono pronte a costruire l’alternativa devono avere il coraggio di dirlo. Dire che lo scarto tra quanto ci viene descritto e quanto invece è davvero è uno scarto insopportabile per un amministratore pubblico credibile.

Come il ragazzino raccontato da Hans Christian Anderesen ne “I vestiti nuovi dell’Imperatore” dobbiamo dire che il re è nudo. Non è lesa maestà, non è remare contro la città, è individuare il problema e tentare di risolverlo.

Questa è una Giunta che nasconde i problemi e quando cerca di risolverli usa ricette antiche, che non funzionano più.
Quando nel bilanciamento degli interessi, che sta alla base della politica, questa amministrazione sceglie quali difendere, sta sempre dalla parte sbagliata.
Dalle ordinanze antikebab, alla trasformazione dei bassi del centro storico, alle multe contro i barboni, all’impugnazione delle sentenze che riconoscono la bigenitorialità a due persone dello stesso sesso. Dal depotenziamento dei municipi alle tante speculazioni edilizie.

Il centrodestra ha fatto crescere cemento, supermercati e diseguaglianze.
E’ per questo che non potremmo mai sostenere Bucci. La politica non è un gioco di ruolo, ma rappresentanza di interessi e di valori. E noi stiamo dall’altra parte. Noi siamo quelli, per dirla come Norberto Bobbio, che lottano per eliminare le diseguaglianze, non quelli che le accettano.

In questi anni abbiamo condotto un’opposizione puntuale, presente. E di questo devo ringraziare tutto il gruppo, e in particolare Cristina Lodi che mi ha preceduto nel ruolo di capogruppo.

L’opposizione nell’aula è condizione necessaria ma non basta a costruire l’alternativa. Per questo servono l’impegno delle forze politiche, il confronto con le forze sociali, serve coinvolgere quel largo strato di città che vuole una Genova migliore di questa.

In questi mesi, in queste ultime settimane percepiamo che c’è una Genova che condivide con noi il sentimento di delusione per le scelte mancate, per le decisioni sbagliare, per le occasioni perse.
In questi quattro anni è mezzo è mancata completamente una visione di città.
Lo si vede anche dall’utilizzo dissennato delle grandi risorse che stanno arrivando sulla città, a cominciare da quelle per il trasporto pubblico. Lo si vede da come stiamo violentando il Piano Urbanistico coraggioso, verde e lungimirante approvato da Marta Vincenzi.

Nell’attuale amministrazione manca l’idea che per superare la crisi dobbiamo cambiare il nostro modello di sviluppo, investire sulla compatibilità ambientale e energetica, praticare il consumo zero del suolo, avviare vasti progetti di pedonalizzazione, combattere le disuguaglianze attraverso la protezione sociale e le politiche di genere.

Oggi chi governa Genova non ha avviato alcuna riflessione su cosa sono i centri urbani dopo la pandemia, di come la mobilità è stata stravolta dallo smart working.

Le sfide che ci attendono sono enormi.
La nostra città e tutto il paese hanno la possibilità di utilizzare risorse, soprattutto europee, come mai prima dal dopoguerra.

Per non sprecare quest’opportunità serve una visione, un’idea di futuro, che non può essere legata esclusivamente ai grandi progetti ereditati dalle passate amministrazioni: Waterfront di Levante, prolungamento della metropolitana, ultimazione della strada a mare, nodo autostradale di San benigno, nodo ferroviario, terzo valico dei Giovi.

Serve coraggio, per superare il passato. Il coraggio di darsi priorità. Il nostro manifesto è una Genova giusta, solidale ed europea. Le nostre priorità sono il lavoro, la transizione ecologia, un nuovo futuro per i giovani, la cura della città e delle sue fragilità.

La priorità è ricucire, rammendare per dirla come ha detto Renzo Piano, il centro alle periferie. Con meno progetti faraonici che si dimostreranno irrealizzabili e al loro posto una rete di progetti che puntano sulla qualità della vita.

Genova ha bisogno di fiducia e di speranza, ma ha bisogno anche di una classe dirigente che sia cosciente degli ostacoli alla nostra attrattività e lavori per rimuoverli.
Tocca a noi esser quella classe dirigente.

E’ tempo di uscire dal mito di cartapesta delle Repubbliche Marinare e della Bandiera e ricollocare Genova al centro delle connessioni con il Mediterraneo e con il Nord Europa.

Servono pensiero e azione, saldamente ancorati ai nostri valori.

Se sapremo convincere e mobilitare quella vasta parte di città che condivide l’ambizione di una Genova più giusta, più verde, più attraente, a giugno potremo lasciarci alle spalle un’amministrazione arrogante e divisiva, per costruire un nuovo futuro per la nostra città.

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