Un'affermazione condivisibile, a condizione di interrogarsi davvero su cosa è diventato il PD e chi vuole rappresentare.
Il governo, in questi anni, a livello nazionale e territoriale, è entrato a far parte quasi dell’identità del PD, insieme alla responsabilità ad ogni costo, all'equilibrio di bilancio e al rispetto del 3% deficit/PIL. Il PD è al governo di questo Paese fin dal Governo di Mario Monti, che poi nel 2013 si candidò contro il PD.
Per la maggioranza degli Italiani è difficile scindere l’identità del PD da quella del governo, da quella del sistema istituzionale, nel bene e nel male.
Può farci bene fermarci a riflettere, e guardarci intorno. Ci farà bene cercare di capire perché, nonostante le buone intenzioni e molti apprezzabili provvedimenti dei governi sostenuti da PD tra il 2011 e il 2018, siamo apparsi distanti dai problemi quotidiani soprattutto delle persone più in difficoltà. E non siamo apparsi disinteressati al potere, o al destino personale di ciascuno di noi.
Come quasi tutti i partiti di sinistra dell'Occidente, il PD vive un vero e proprio problema di identità, che non può coincidere con la responsabilità di governo, e che temo non sarà risolta da semplici riferimenti ai modelli Corbyn da un lato, o Macron dall’altro.
In questo senso, l’opposizione ci farà bene, soprattutto se riusciremo a coinvolgere un mondo che ci guarda – deluso – nella costruzione di una nuova identità della sinistra, a partire dalle risposte agli urgentissimi interrogativi che ci pone il presente, e che riaffermano l’attualità della differenza radicale con la destra sovranista.
Sarà un percorso lungo, ma abbiamo tempo. E sarà un percorso difficile, che ci chiede di abbandonare la sufficienza nel giudizio sulle ragioni di chi ha votato Lega o Movimento 5 Stelle, o l’ironia sul voto al Sud o nelle periferie urbane. Che ci chiede di abbandonare l’idea che per ripartire è sufficiente che provino a governare gli altri. Che ci chiede di abbandonare l’insopportabile arroganza degli sconfitti.
In questo, la frase di Matteo Renzi denuncia tutti i suoi limiti. “L’opposizione ci farà bene” è una frase che dovrebbe pronunciare con più prudenza chi fino a quattro settimane fa doveva riportarci al governo.
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