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E SE PROVASSIMO A FARE POLITICA

A 55 giorni dal voto, sono emersi tre elementi:
- la coalizione di centrodestra era d’accordo solo su dove mettere i simboli sulla scheda elettorale;
- Lega e Movimento 5 Stelle non sono in grado di formare un governo;
- l’unico che fa politica è Mattarella.

I primi due sono due buone notizie. Perché un governo Lega e M5S sarebbe il peggio che ogni riformista di sinistra possa immaginare, e perché la situazione che si è venuta a creare potrebbe consentire al PD di fare politica.

Potrebbe.

Ho grande rispetto per gli Ultras, e non mi permetterò di tirarli in ballo per descrivere la surreale discussione infantile che domina nel PD in questi giorni. Ma sono convinto che il livello della discussione non sia tanto figlio, quanto genitore della sconfitta.

Un partito che non riesce a discutere civilmente al proprio interno di diverse opzioni politiche, è un partito autoreferenziale e incapace di confrontarsi con il Paese reale. Quel partito siamo noi. Quelli dell’Italia col segno più, che si stupisce se non prende i voti dei tanti col segno meno.

Non è per nulla semplice la strada di un accordo con i 5 stelle. Ma penso che sarebbe un errore non sedersi al tavolo del confronto, senza nascondere le grandi distanze su questioni centrali, e tenendo alta l’asticella su temi quali lo sviluppo, le infrastrutture, il lavoro, l’Europa, la collocazione atlantica.

Ho difeso con convinzione le riforme dei governi Letta, Renzi, Gentiloni. Penso però che prima dell’opinione di Di Maio sia l’esito del voto a doverci fare considerare la necessità di alcune revisioni, nel senso di una più marcata protezione di chi oggi si sente ai margini del sistema.

A chi profetizza il diluvio se Martina si siederà a quel tavolo, chiedo quali concrete prospettive politiche prefigura. Le urne a settembre? Un governo centrodestra/PD?

A chi ha preso la tessera qualche giorno fa, e già minaccia di andarsene se non facciamo come dice lui, suggerirei di sedersi, ascoltare per un po’, per poi contribuire ad un ragionamento collettivo, un po’ più strutturato e un po’ più complesso.

Che poi ragionare collettivamente sarebbe il senso di stare in un partito.
Per il resto ci sono i tweet. Ma temo che non ci aiuteranno a ritrovare la strada.

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