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Domani parteciperò all’Assemblea Nazionale del PD, la prima dopo la sconfitta del 4 marzo.

Tutti d’accordo sulla necessità di andare a Congresso, ma alla vigilia c’è grande incertezza sui tempi e sul nome del traghettatore: Martina? Oppure Orfini, Renzi, Gentiloni?

Non faccio l’ingenuo, e capisco cosa sta dietro ad un dibattito tutto incentrato su chi fa il Reggente o se le primarie le facciamo a luglio, a ottobre o a marzo.
Ma non considero tutto questo centrale per rianimare il progetto del PD.

Il PD dovrebbe avere il coraggio di aprire una discussione disinteressata su quali sono le ragioni della sconfitta, quali le ricette che in questi anni di governo hanno funzionato e quali no. Quali le nostre risposte ai problemi (veri) sui quali Lega e M5S hanno speculato in campagna elettorale, spesso proponendo false soluzioni.

Abbiamo bisogno, almeno in una prima fase, di una discussione disinteressata, slegata dall’elezione dei nostri organismi, e dal legittimo percorso personale di ciascuno. Penso, ad esempio, ad un momento di riflessione collegiale sulle proposte e sull’identità del PD, su chi vogliamo rappresentare, e su come facciamo a rappresentarlo davvero.

Se non c’è tempo per coinvolgere la base, può bastare che si riuniscano per un mese le nostre trenta migliori teste a livello nazionale per riscrivere le linee fondamentali della sinistra riformista italiana. Sono sicuro che ci sarà molto su cui si è tutti d’accordo, e altro che sarà lasciato al voto congressuale.

Torniamo a studiare, e a dividerci sulle idee, senza retropensieri di corrente o di cordata. Non contrapponiamo le primarie ai caminetti. Non facciamo l’errore di confondere la necessaria esigenza di una leadership con la forza di un pensiero collettivo soprattutto davanti ad una mutata realtà sociale che da sinistra fatichiamo a decifrare.

Ho impressione che senza un nuovo terreno comune, che sia chiaro e comprensibile ai militanti e all’elettorato, qualunque decisione assumerà l’Assemblea rischia di fare danno.

Altrimenti partirà il Congresso, con le regole che conosciamo. Ogni candidato segretario scriverà il suo documento. Faremo, più o meno, finta di averli discussi nei circoli. Ci divideremo in correnti pensando anche alle elezioni regionali o alle liste per le politiche. E dopo una domenica passata in un gazebo avremo un nuovo segretario, illudendoci di avere risolto i nostri problemi.

Domani è un giorno importante per il PD. Possiamo non sprecare un’occasione.

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