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DALL’IMPEACHMENT AI TARALLUCCI

Nella terza repubblica in meno di tre giorni si può passare dalla richiesta di messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica ai colloqui riservati al Quirinale per spostare il prof. Savona ad altro ministero e fare quindi nascere il governo.

La politica, si dice, è lo specchio del Paese. E come quell’elettore che lunedì ha minacciato di morte Mattarella su Facebook e giovedì gli ha chiesto scusa, Di Maio e Salvini giureranno oggi pomeriggio nelle mani del Presidente della Repubblica che tre giorni fa volevano destituire.

Il fatto poi che la denuncia del golpe sia stata pronunciata da entrambi i leader di maggioranza non in Parlamento ma nello studio televisivo di Barbara d’Urso tra abbracci, selfie e consigli per gli acquisti, imprime alla sceneggiatura già scadente le tinte pastello - stucchevoli e rassicuranti - del teleromanzo.

C’è invece proprio poco di rassicurante in quanto accaduto tra domenica e ieri sera. A cominciare dai toni inauditi di aggressione al Capo dello Stato, dall’invocare la piazza contro le Istituzioni, dalla irresponsabilità con la quale si trattano i temi del debito pubblico e della permanenza nell’euro, e poi via via per gli innumerevoli cambi di schema, fino ad accettare dopo tre giorni di strepiti quello che Mattarella aveva chiesto domenica.

Politicamente Mattarella ha avuto ragione. In questa desolante commedia, stretto tra una maggioranza infantile ed incerta e un’opposizione non pervenuta, è l’unico a rappresentare un appiglio di speranza per chi non si è arreso all’avanzare dell’improvvisazione nella guida delle Istituzioni repubblicane.

Perfino la mossa dell’incarico a Cottarelli, che ha passato tre giorni tra Montecitorio e il Quirinale a fare finta di comporre una lista di ministri per fare fretta a Salvini e Di Maio, sembrava incomprensibile lunedì mattina ma oggi appare decisiva per lo sblocco della crisi, almeno quanto la paura del Movimento 5 Stelle (e di una parte di parlamentari leghisti) per il ritorno alle urne.

Dopo 88 giorni di crisi, l’Italia ha un governo.
La politica italiana torna indietro di una settimana e il Prof. Conte davanti ai microfoni della Vetrata ha estratto con nonchalance la lista dei ministri, scritta da Di Maio e Salvini come se nulla fosse accaduto.
Ma qualcosa è accaduto, i tarallucci del primo di giugno non cancellano l’inadeguatezza dei protagonisti del nuovo governo e neppure la credibilità internazionale dell’Italia andata in fumo in queste ore.

E qui sta un aspetto centrale: chi doveva stravolgere l’Europa e battere i pugni sul tavolo, dopo questi giorni di follia si trova costretto a rassicurare Bruxelles, i mercati e pure la Merkel. Il giuramento in questo senso è già il primo tradimento del contratto.

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