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SERAFINI E L’ISOLAMENTO DEI MODERATI

Le dimissioni dell’assessore Serafini sono un fatto politico, che non va derubricato a incompatibilità caratteriale o all’animo scorbutico del Sindaco.

Elisa Serafini, per le idee che ha sempre professato e che in questo anno ha sostenuto in Giunta, rappresenta un'area politica ben definita: quella destra liberale e moderata che crede nell’Europa, che in campo economico diffida del protezionismo sovranista, e in campo sociale difende i diritti civili e non strumentalizza il fenomeno migratorio.

Una destra civile e moderata che a Genova non ha più spazio, schiacciata tra la strapotere della Lega e una Forza Italia modello Toti che ne è divenuta subalterna.

Una subalternità che si misura nei fatti di questi dodici mesi: le multe a chi rovista nella spazzatura, il daspo agli accattoni, le commemorazioni per i caduti di Salò, la strada da dedicare a Quattrocchi, il patrocinio negato al Gay Pride, l’assurda ordinanza contro il cibo etnico, sono tutti frutto di una visione del mondo provinciale e stereotipata che non ha nulla a che spartire con la rivoluzione liberale sognata da molti elettori di centrodestra, e neppure con la tradizione secolare di Genova, città aperta al mediterraneo e al mondo.

Per questo, anche per questo, le dimissioni di Elisa Serafini non sono una buona notizia.
Lo dico al di là delle divergenze emerse in questi mesi sulle politiche culturali della città, da Villa Croce a Cresta Festival.

E al Presidente Toti che si dice “sconcertato” e tenta di commissariare il Sindaco promettendo un vertice per esaminare la questione, dico solo che è troppo tardi.

L’isolamento dei moderati non è un fulmine a ciel sereno, ma è la conseguenza di quell’inseguire la Lega che è stata la principale strategia di Forza Italia a Genova e in Liguria.

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